Il Giornalismo

Domenico Pertica inizia a frequentare le redazioni dei giornali nel dopoguerra, prima del Momento Sera, nel 1947, poi fino alla chiusura definitiva, nel 1976, de Il Giornale d’Italia. Contemporaneamente, a partire dai primi anni settanta, inizia a collaborare anche a Paese Sera, poi a L’Unità, al Messaggero ed infine approda a La Repubblica. L’impegno giornalistico, per Domenico Pertica, e in particolare il racconto dei fatti sulle pagine di cronaca, è vissuto non come uno sfoggio vanesio delle sue indubbie qualità narrative e linguistiche ma come appassionata partecipazione agli eventi dei suoi concittadini, dei luoghi frequentati e amati.

Nascono così i vibranti racconti dedicati ai più umili, agli emarginati che abitano le periferie di Roma, spesso abbandonate al degrado.

Tra le tante, memorabili sono le sue inchieste, apparse su inserti dedicati da L’Unità, sul misero stato dei nuovi quartieri che vanno crescendo in modo caotico, senza servizi, come ghetti dormitorio, nella zona di Nuova Ostia.

Il Quartiere era nato, infatti, speditamente: costruito con materiali scadenti, le cosiddette ‘case di ricotta’, per la cupidigia di costruttori senza scrupoli, dove i bisogni delle famiglie che andavano ad abitarle restavano senza risposte e spesso in balia di fenomeni criminali. Pertica era al loro fianco con la forza della sola macchina per scrivere, la cara Olivetti Lettera 22, a denunziare, a farsi megafono di voci inascoltate.

Lo stesso impegno e la medesima passione, Pertica li profonde in battaglie di principio per il patrimonio artistico, architettonico e culturale. Come per la campagna per il restauro della fontana di Villa Medici o per sollecitare il ritorno della statua di Marco Aurelio sul Campidoglio, portata avanti dalle pagine di La Repubblica.

Proprio su questo quotidiano, Domenico Pertica cura la rubrica Cartoline Romane, dove spicca la profonda conoscenza della storia e dei fatti della città, l’ardore con cui lotta per la salvaguardia dei luoghi storici e dove sarà pubblicato, il giorno stesso della sua morte, il suo ultimo articolo, dal tono quasi profetico, in difesa delle autentiche trattorie romane “cancellate in omaggio alla civiltà delle patatine”.

Con l’avvento delle Televisioni locali, a partire dal 1975, molte persone impareranno a conoscere il suo spirito arguto, la sua ironia e il suo impegno nei programmi la Voce del Campidoglio, Caffè Letterario e Quo Vadis Roma? trasmessi da Teleroma56, GBR e Videolazio.

Per questo suo impegno civile, tutti gli amministratori della città, dal sindaco Santini a Petroselli, da Argan a Rutelli, hanno imparato negli anni a conoscere e a fare i conti con la voce libera e appassionata di Momo, la frusta di Roma.